La reciprocità degli zuccheri
E continuiamo a giocare, ho voglia e
necessità di un bagno
devo cagare, non vorrei morire così
come un coglione
soffro per quel che soffro, per un
soffio
e allora lo sono, pazienza.
Ancorato come patella sulla calce come uno struzzo
cemento per difesa
fondamenta, in fondo non cerco niente
non cerco neanche parole
un’ albero che parla da solo
uno strappo di penne in qualche
magazzino
un grido di dolore e di aiuto di
qualche oca
di molte oche, nel vuoto
per descrivere la mia disperazione
la mia sensazione di paura.
E vorrei anche sentirli i decantatori,
futuri gioiosi
spensierati
quelli che da piccoli non lottavano,
prime luci
illusioni, miraggi, attese
eppure aspetta a tutti loro una
prigione triste
un giorno vessato e oppresso in cui
tutto sembrerà rifiuto
o un rifiuto per cui selezionare le
carni
a me la testa e a te il cuore ancora
caldo
il panico per il mio corpo debole
il fegato ce lo divideremo a morsi.
Anima instabile che corre e corre
ancora
soffrendo piena di vizi, oltre essere
una realtà
è una comodità, come un falò
come un faro.
Mentre le urla non tornano da me, nei
giorni che verranno
mi sforzavo tra i rovi, nel mio essere
coraggioso tra il frigo
e la lavatrice in mezzo a prendere
troppo spazio
e per questo soffio
un soffio che non mi salverà,
come non mi salverà un’idea
o una ragione.
Batti forte
il cuore è debole e
non mi può rispondere
batti forte, tanto il cuore oramai è
quasi morto
batti forte
non ti risponderà nessuno.
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