
giovedì 28 marzo 2013
Non c'è futuro
oltre il racconto
Non esiste ciò che ho provato, affrontando
solo, il vento
quando le pale le prendevo in faccia
e i fondi di enormi bottiglie si mettevano dentro
andando in guerra contro il mondo, a modo
contro tutti.
Tutti maledetti i ricordi, pensando solo ai miei
con odore di polvere, polvere sulla schiena
maledetta anche quella che mi tradisce
proprio adesso che ne ho bisogno.
Figli di una battaglia non vista, durata più di una vita
dove battere i denti, dove stringere il morso
dove stringersi attorno
non avendo più, braccia così lunghe
per raccoglierci tutti dentro un secchio.
Prima
Compagno di aria fritta, ci sudano le mani
e non c'è luce di luna che non saluta
vendendo gelati al porto, nelle mura nascoste del molo
figli prediletti, bistecche sugli occhi
carne morta in testa per aspirare il male.
Baciai l'asfalto, vestito da lavoro in calzoni corti
fu solo fortuna non morire in quei giorni
sott'occhio altrui le nostre risse in gesti
arrivavano a casa
lontano, oltre le distese di sabbia
testimoni mute
prima dei piedi affondati nel fragore dei cocci
e veli di veleno nella calata degli zoccoli.
Colli fumati, respirati, mangiati
negli scogli di contorno al mare
dove il bianco della schiuma si confonde
il nostro panorama non aveva un confine.
E dopo
Ora, al di la del mare e di quegli scogli spumeggianti
il gelo che ci teneva stretti si è sciolto
bagnandoci di semi e concime
i piedi gonfi ed ingenui con acque marce
pungenti di freddo.
Continuiamo a baciare, rasenti, l'asfalto
vestiti da lavoro come meschini senza scelta
raccolti vicini a terra, come per raccogliere
pezzo a pezzo, tutto ciò che di bello abbiamo perso.
I gesti meno spontanei e sopratutto i più lenti
probabilmente destini di un calibro
non arriveranno mai a casa, passando per le spiagge.
Non so dove sia la mia, di casa
dove potermi riposare, sentendomi parte di me
ma continuo a percepire nelle tempie, graffiandomi
il rumori dei vetri
che si spaccano, dividendosi.
Fiumi di veleno, calata dei finti
tra i calmi, i calli e le nevrosi
bocche fumate, respirate e mangiate.
Dove cade lo sguardo, oltre l'ultimo albero
così lontano da sembrare ancora verde
nelle pietre sovrapposte come muri sul mare
lattice spremuto sugli occhi senza palpebre
il panorama non esiste.
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