
venerdì 5 aprile 2013
L'eremo
Eterno ritorno, l'eterno ritorno
come concedere, palla al fuoco
un idea per un altra.
Sempre in cerca dell'unità primordiale
radunando tutte le forze, riordinandole così
a caso
quelle forti e quelle deboli
per raggiungere, allungandosi con uno sforzo
con la punta delle unghie
la crosta del pane raffermo.
Eppure le cose cambiano, seduti insieme
tutti insieme
stretti e vicini su tavoli rettangolari
tutti insieme
su tavoli quadrati, stretti e vicini.
Si condivide il pane, non più raffermo
duro, non più duro
ma fresco e profumato di anime amare.
E come dividerci dalla gravità
dal ferro che ci attira
da ciò che ci tiene saldi a terra
saldi a terra a contare le biglie dentro a un buco
nella terra battuta da impronte
macchiata da impronte.
Terra secca, piovono sputi
ammorbidita dalle stupidità
stretta di sale nel lento evolversi
di un bruco che non sa dove attaccarsi
e si abbraccia, cieco
al primo ramo che la fortuna delle scuse gli regala.
Palla di fuoco, eterno ritorno
nucleo su nucleo che si sforza
tutti insieme a grattare il muro
tra protesi e denti
fortunati e convinti del loro bianco immacolato
mentre gli altri, che non sorridono più
forse sono stufi dell'eterno ritorno.
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