
sabato 3 agosto 2013
Costola del fango
Parlare, merda, sale al mare
umido alla terra
soffro, cantando
di abnorme senso di gravità
e non so dove sono.
Eppure sapevo che portavi una croce
tatuata nella parte nascosta del polso
prima ancora che alzassi la manica
a parlare.
Ma sono una mente vuota nella possibilità
di cibo.
Dove siamo, dove chi ci conosce
e ci accompagna
ci ha sempre dato qualcosa
siamo così lontano da sentirci.
Non so parlare, merda
violando sempre che fosse giorno.
Copto per un altro giorno
l'insoddisfazione è una malattia con cui
convivere
e prova a dire qualcosa
anche se...
Eri un colore, sei un colore diverso
solo un po più tendente a quella guancia
che si tira indietro.
Anche se avevi
piccoli peli di lana di cuore
di carciofo messi da parte
attaccati al sudore.
Chiudi a chiave la parte
le mie giornate puzzano
ogni qual volta che incontro uno scontro
un odore evidente
una folla
mi espongo con il mio labbro più fine
quello che
per un tempo dalla mia parte.
E quale sarebbe il crimine
con cui portare corona e carro
denti insalivati mostrano
bocche slabbrate
fosse solo una coincidenza.
aprila la finestra.
Conservandoli
lontano dal vento distributore
mentre sogno che non ricordo
di sognare
l'ansia che mi accompagna
non mi lascia un soldo di tempo
mentre sempre ci aspettiamo di diventare
moderni.
E comunque ero un colore
adesso non so...
E giusto perché le pause di vita non fraintendano
parlo per me
segnato a cinque anni, braccio destro
nero inchiostro.
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