sabato 27 agosto 2011



LUCEMAI




Credo alle tue braccia che tengono anche il peso del cielo
ma non credo al tuo abbraccio così insicuro da lasciarmi cadere

le possibilità sono margini lacerati che esistono nella memoria
la perfetta descrizione dei fallimenti e l’incapacità di farne castelli

un tempo fermo vergine ideale e solenne
quando il suono della propria voce era presenza assoluta e suonava come vagito.

Credo alla solitudine perché da solo vedo quello che vedono gli altri
alle pareti umide delle cantine alla morte nei crocevia alla musica nei bagagliai

credo all’insicurezza con le donne alla sicurezza di un lavoro e credo in quello tonto
in quello che farà strada e l’altro che tornerà di sicuro e nell’assassino e nell’artista per forza

credo in quello che ha avuto la capacità di soffrire perdendo solo il suo sangue

in chi è veramente solo e non lo fa pesare credo in quello che mi deride perché ha paura
credo nei pagliacci nella musica ad alto volume credo nei vecchi
a quello che uno mi dice

credo in chi non ha mai messo carne al fuoco
e timidamente ha alzato la mano con un gesto svogliato e cosciente
nel momento in cui tutto và a puttane

dicendo :

“…facciamo qualcosa!”.





giovedì 25 agosto 2011

  
     Ante


  Campi, altopiani curati
  come spalmati di colore denso
  così come ci liberiamo della pelle
  dei cattivi pensieri
  villaggi polverosi
  all'apparenza disabitati
  tra i muscoli attivi e le passioni
  gole, mais, rotaie che si incrociano
  sdraiati su granito che fa male. 

  Era un idea,
  forse solo uno stupido pensiero
  facce rugose fissano l'asfalto
  seguite con affezione dal gregge
  non c'è ragione, adesso me ne accorgo
  alza lo sguardo e sorride,
  nascondendo la fatica
  non c'è partecipazione.

  Gioia ed estasi, il sapore della lontananza
  nel non valore
  contando solo sul passare dei giorni
  tanto meno reciprocità,
  pensarsi, volendosi bene
  strade che non portano a niente,
  migranti di ritorno
  allontanandosi, rifugiandosi
  parole con significati più profondi
  più distanti.





















martedì 23 agosto 2011



Golubac



Dove mi cade la mano destra
dritto dietro la roccia
se chiedo un nome troverò vento
un alito riporterà
oltre il solco, altra gente
stesse facce bruciate dal sole
il grano giallo invecchia
e senti la lingua più salata.
Trovandomi cieco davanti alla casa
cani scuoiati appesi
fontane dove lavare senza voglia intestini
con testa bassa, goccia dopo goccia
nelle rive alte dove passarono tutti.
Qualcuno si fermò qualche migliaio d'anni
solo l'ombra dell'altra parte
tra tombe e trombe, prugne selvatiche
punte di pietra e pesci affumicati
distesi ad osservare
fino a che occhi di vetro escono
per scolpire facce sulle pietre
coprendosi di frasche e foglie
copricapi di lana grossa
biondi su nasi rossi
la vita scorre su nastri senza argento.
E frutta che cade, case di fango
dove l'acqua è verde e tutto galleggia
nel confine dei confini
dove tutto si unisce.





martedì 2 agosto 2011







     Bi


       Susseguirsi d'istanti
       passo dopo passo
       assaporando frutti agri
       mano a scostare i capelli
       per sentirsi più candidi ribelli
       aggrappati alle stesse rocce.


       Ma devo andare via
       paure, respiri oppressivi
       seguirò uno strano viale d'occidente
       gentilezze prime età
       seguendo sabbie astri
       il sole, svegliandosi al mattino
       forse è sbagliato dare consigli
       è nero.


       Code di uomini arrancano
       quando chi deve parlare per te
       appoggiandosi uno all'altro
       anche loro se ne andranno
       mani spade tagliano l'aria
       senza amore
       cartapeste colla coprono visi
       sbagliando destinazione
       colmo terrore.


       Pupille, vetri da tavolo
       oramai di nascosto
       disperato desiderio, barlume luce.


       E' chiaro, non è più ora di ballare
       è strano, nessuno ne ha più voglia.
       Quale voglia?


       Esclusivi levitano, palmo da terra
       come foglie, come ombra
       come rami afferrano braccianti.


       Per non lasciare orme, briciole luminose
       piccole voglie, dimenticate per terra
       lumi da seguire, luci lontananza.


       File di spalle, braccia, polsi legati
       tele, stracci bagnati, lasciati lì
       uno dopo l'altro, uno vicino, uno attaccato
       che differenza fa, uno come nessuno.


       Corpi, anime scure fiutano l'aria
       oltre il vuoto del muro confine
       smorfie, dolore, sguardi fissi
       chiodi di pazzia.


       Forse non si può saltare euforici
       da soli
       forse servono anche le gambe.