
venerdì 22 febbraio 2013
Ultimo nei sogni
Scemo il dirupo che scende, vedendo le case degli astri
sulle colline sul mare e gli ulivi
e galline senza collo, fondo di calice rotondo
nel cerchio che si stringe l'allume attorno.
Saliva che cola, scivola sulla barba fino al petto
ed ancora pensieri che diventano fumo e nebbia
e lana muscarina malefica usata per riscaldarsi
come paragone sulle venature del legno
su una tavola coperta di pelliccia
dell'uomo profeta di se stesso.
Chi vincerà
vincerò io, ricordo di vite che si attorciglia
scavando nella terra ghiacciata senza spine
e un corno ibrido albore di tormenta
falsa presunzione
per chi incappucciato di trama autentica
e fibre di plastica
investe nel nuovo mondo che verrà.
Chi vincerà
vincerò io, come amo e come uncino
come sedia prestata al vicino
recipiente di popolo e succo di petrolio
aspettando la neve, giusto che venga il giorno.
Siamo pronti e oramai pezzati dalla rassegnazione
semi pronti a tutto
pronti alla monta senza sella
a pelo, ruvido e violento.
Calca la mano, maschera di lattice
ombra che attraversa e dura
più della luce che sospira dalle vene
calca la mano pesante che si sente
come pressione sul collo.
Chi vincerà
gettando il sasso levigato, piatto nell'acqua specchio
chi torce il polso, chi torna a casa
chi torna e resta.
Con un brivido come un vomito
espressione corporea improvvisa, come raduno
di spiriti dispari spunti e magli sinceri
tra le tende e piazze rosse e bianche innevate
amanite conservate al fresco per serate sui trampoli
affondate nell'asfalto di città rive di fiume
come ricordo profondo che si associa ad un caldo intenso
dietro, nell'attaccatura dei capelli
come passare la mano.
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